Il romanzo Ragazze elettriche (Nottetempo, 2016, titolo originale The Power), della scrittrice Naomi Alderman, rappresenta uno dei più fortunati tentativi di cambio di prospettiva sperimentato nella letteratura fantascientifica, che permette a lettori e lettrici di sperimentarsi in una posizione inusuale rispetto a quanto vissuto normalmente in funzione del proprio genere.
Il romanzo, la cui vicenda è ambientata in un futuro prossimo, immagina che le donne sviluppino il potere di dare la scossa, facoltà che le affranca dalla condizione di soggezione legata finora alla superiorità fisica maschile in termini di forza. Una volta messo in atto questo dispositivo narrativo, ecco che inizia un lento scivolamento che ci porta verso i territori che più interessano alla scrittrice allieva e amica della già famosa Margaret Atwood (autrice de Il racconto dell’ancella e molti altri romanzi che tematizzano la condizione di subordinazione delle donne e la loro lotta per affrancarsene).
Una storia che va oltre i generi
Come segnalato chiaramente dal titolo originale dell’opera, è il ragionamento sul Potere il cuore pulsante del lavoro della Alderman, e la storia ci accompagna lungo il processo di lenta ma non indolore transizione verso un equilibrio geopolitico nuovo, in cui i rapporti di forza fra uomini e donne lentamente si invertono, prima a partire dai paesi non occidentali dove la condizione delle donne è fortemente discriminata (Est Europa, Arabia Saudita, India, ecc.), e poi gradualmente anche nei paesi occidentali.
È magistrale la competenza con cui la scrittrice fa immedesimare progressivamente il lettore maschio in tutte quelle dimensioni della vita che tradizionalmente sono rischiose per le donne (girare da soli la notte, subire una violenza sessuale, essere vittima di appropriazione culturale e artistica, sentirsi oggetto di desiderio e volontà altrui perdendo lo status di soggetto desiderante).
Uno sguardo disincantato alle dinamiche di dominio e controllo
Mentre seguiamo la storia dei tre personaggi principali del libro (Allie, una ragazza che diventa guida spirituale di una nuova religione ispirata alla Dea Madre, Tunde, un giovane reporter che segue i fatti legati alla nuova capacità delle donne e Roxy, la figlia illegittima di una potente famiglia criminale londinese), viene in mente La fattoria degli animali di George Orwell, un’opera pervasa dallo stesso sguardo disincantato sull’umano e molto consapevole delle dinamiche di controllo delle masse.
L’opera della Alderman tuttavia sembra godere anche una dimensione in più, quella di un monito che lancia a tutte e tutti coloro che lottano per sovvertire situazioni di ingiustizia, discriminazione e sfruttamento, insinuando una semplice ed efficace domanda: cosa saremmo disposti a fare se improvvisamente avessimo la possibilità di uscire dalla condizione di svantaggio e smettessimo i panni dell’underdog?
«Se ci tieni alla tua rivoluzione, torna a casa a vedere cosa ha combinato la signora Montgomery.». Queste le parole che Roxy, in un momento di serena lucidità, dice all’amica Allie quando è tempo di decisioni critiche. Un monito che sapientemente l’autrice rivolge anche a noi, nella speranza che lo raccogliamo, qualsiasi sia la nostra condizione e il nostro impegno.
Andrea Santoro