«È fortunata, perché è sopravvissuta»
«Lui è innocente»
«A differenza di tante altre donne, è protetta. Non corre rischi.»
«18 mesi sono un bel flirtino però…»
«Era così follemente innamorato di lei da non volerla dividere se non con la morte.»
«Signora, se avesse voluto ucciderla, lo avrebbe fatto.»
Queste frasi le ha pronunciate il giornalista Bruno Vespa, durante l’intervista a Lucia Panigalli nella trasmissione Porta a Porta del 17 settembre 2019. Come si fa ad essere così insultanti nei confronti di una persona? Come si fa a reagire con battute e risolini ad una storia così straziante1? A svalutare sistematicamente le paure di una donna ferita a morte? Forse non si tratta solo di mancanza di professionalità e sensibilità, né della continua ricerca della spettacolarizzazione delle sofferenze personali.
Una prospettiva culturale
Il cambiamento culturale è un processo discontinuo. Per anni atteggiamenti, comportamenti e modalità di comunicazione sono percepiti come normali, corretti. Di tanto in tanto però, grazie al progressivo mutamento della sensibilità collettiva, avviene uno scarto e ciò che prima era considerato accettabile comincia a suscitare indignazione. Succede con diverse categorie di prodotti culturali: film, libri, canzoni. E succede anche con il giornalismo.
Come associazione parte di una rete che promuove l’evoluzione del maschile su un piano culturale oltre che personale, il Cerchio degli Uomini sottoscrive e riconosce – come una necessaria attenzione che la società tutta dovrebbe avere – la pronta reazione di sdegno che si è levata nei confronti del giornalista del servizio pubblico Bruno Vespa all’indomani dell’intervista a Lucia Panigalli. Questo significa che oggi nella nostra società ci sono i presupposti di coscienza per reagire ad un comportamento – sul piano umano prima che professionale – così offensivo. E ovviamente ci uniamo a tutte e tutti coloro che hanno denunciato quanto accaduto e chiesto l’adozione di provvedimenti adeguati nei confronti del giornalista.
In accordo con ciò, ci fa piacere aggiungere alcune riflessioni che derivano dalla nostra storia, per dare impulso a quel cambiamento culturale che fortunatamente vediamo in atto – pur con fatica – in tutto il mondo.
Qualche considerazione
1) In questa intervista è andata in scena tutta la galleria degli stereotipi che da sempre caratterizzano quel maschile che non ha preso coscienza di quanto la violenza maschile alle donne sia un fenomeno socialmente accolto, avvallato, giustificato – forse addirittura incoraggiato da certi attori della scena politica e sociale. Ne sono prova la colpevolizzazione delle vittime e il rifiuto a immedesimarsi e riconoscere la gravità di ogni gesto di aggressione, ostinandosi a minimizzare, circoscrivere, mettere tra parentesi i dettagli più compromettenti di un fatto – la giustizia aveva fatto il suo corso? L’uomo aveva scontato la sua pena? E allora di cosa si preoccupa cara signora, di cosa si lamenta?
2) Lo stesso Bruno Vespa, nelle sue reazioni stizzite alle critiche ricevute, nell’incapacità di comprenderne il senso profondo e integrarlo in una nuova consapevolezza e prassi, esemplifica in modo chiaro non solo il fenomeno denunciato, ma anche un certo trend che vediamo in atto in alcuni ambienti e gruppi, nostalgici di passati (dis)equilibri di genere e bisognosi di donne che sappiano “stare al loro posto”.
3) Donne che comunque non sono mai del tutto innocenti, come sembra sottolineare la canzone che accompagna il servizio sulla storia di Lucia Panigalli. Il brano è tratto dalla colonna sonora di un film di Quentin Tarantino, Kill Bill, che narra la vendetta di una donna nei confronti dell’ex-partner che ha provato a ucciderla perché lasciato. La donna in questione è un’ex serial killer, quindi anche lei in certa misura colpevole, complice delle stesse violenze che ha subito.
4) Quindi cosa fare? Come rimediare al danno? Non crediamo che un giornalista dovesse per principio astenersi dal condurre un’intervista del genere, lasciando il campo ad una collega. Erano tuttavia necessari una sensibilità e un rispetto di gran lunga maggiori per trattare una materia così delicata, soprattutto per facilitare la comunicazione su questo argomento scottante con una vittima di violenza maschile. In questo senso riteniamo che Vespa non abbia fatto un torto solo alla donna intervistata, ma anche a tutti gli uomini, rafforzando lo stereotipo secondo cui i maschi non dispongono delle qualità relazionali necessarie per accogliere storie come questa.
5) Già, i maschi. In studio durante l’intervista è presente anche l’avvocato di Lucia Panigalli, che parla della speranza della sua cliente che le istituzioni aumentino le misure di protezione nei suoi confronti. Da questo punto di vista si può intuire come ottenere l’attenzione dei media potesse essere una legittima strategia per smuovere l’opinione pubblica e difendere la signora dalla minaccia di nuove aggressioni da parte dell’ex. Tuttavia è triste notare come proprio questa azione difensiva abbia portato la donna a subire un ulteriore maltrattamento da parte di un uomo. Il che conferma il fatto che la radice di questo fenomeno non stia tanto e solo nelle azioni di un singolo soggetto deviante, bensì nell’atteggiamento di un’intera comunità, tuttora violenta e oppressiva verso le donne nel suo complesso.
Ancora una volta il mondo del giornalismo si dimostra impreparato a raccontare con efficacia e rispetto il fenomeno della violenza maschile alle donne. Come Cerchio degli Uomini uniamo con impegno la nostra voce a tutte e tutti coloro che di ciò sono stufi e desiderano un altro modo di comunicare.